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25/9/1988: lungo la strada che porta da Canicattì a Palermo vengono assassinati il presidente di Corte d'Appello di Palermo Antonino Saetta e il figlio Stefano. Aveva condannato in appello i capimafia Michele e Salvatore Greco per l'attentato a Rocco Chinnici ed i killer del capitano Emanuele Basile, scandalosamente assolti in primo grado (ma il processo era stato annullato dalla cassazione), si apprestava a presiedere l'appello del maxiprocesso.
13/6/1983: Monreale (Palermo). Assassinato il capitano dei carabinieri Mario D'Aleo, comandante della locale compagnia. Con lui cadono l’appuntato Bonmarito e il carabiniere Marici. D’Aleo aveva preso il posto del cap. Basile.
"La Sicilia è una terra bellissima ma c'è una cappa che la opprime" diceva il capitano Emanuele Basile. Gli rispondeva Paolo Borsellino "Speriamo che cambi il vento, che venga il libeccio, che si porti via questa afa."
E' il 1975 quando Paolo Borsellino viene trasferito al tribunale di Palermo; a luglio entra all'Ufficio istruzione processi penali sotto la guida di Rocco Chinnici. Con il Capitano Basile lavora alla prima indagine sulla mafia: da questo momento comincia il suo grande impegno, senza sosta, per contrastare e sconfiggere l'organizzazione mafiosa. Nel 1980 arriva l'arresto dei primi sei mafiosi. Nello stesso anno il capitano Basile viene ucciso in un agguato
Armando Bonanno, uno dei tre assassini del capitano dei carabinieri Emanuele Basile, ucciso il 4 maggio del 1980, era stato eliminato anch'egli con il metodo della "lupara bianca" nel corso della guerra tra le cosche negli anni '80
Borsellino è da anni, almeno dall'80, quando inizia ad indagare con il capitano dei carabinieri Emanuele Basile sul clan dei "corleonesi" di Totò Riina e Bernardo Provenzano, allora sconosciuti "picciotti" destinati a diventare i sanguinari capi della mafia siciliana.
lavora fianco a fianco con il capitano dei carabinieri Emanuele Basile. I due costituiscono un tandem investigativo affiatato, che continuerà a lavorare anche dopo il 1975, quando Borsellino viene trasferito al tribunale di Palermo e a luglio entra all'Ufficio istruzione processi penali sotto la guida di Rocco Chinnici. Con il capitano Basile lavora alle indagini antimafia, scopre verità fino ad allora solo immaginate, ordina arresti sulla base delle indagini del capitano Basile.
Bonanno, che secondo i primi accertamenti è morto di infarto, era figlio di Armando, uno dei killer, assieme a Giuseppe Madonia e Vincenzo Puccio, del capitano dei carabinieri di Monreale (Pa) Emanuele Basile ucciso nel maggio del 1980. Sia Armando Bonanno, scomparso per lupara bianca a metà degli anni ottanta, che Madonia e Puccio sono stati uccisi.
5 maggio. E’ ucciso a Monreale, sotto gli occhi della moglie e della figlia, il capitano dei carabinieri Emanuele Basile. Con Paolo Borsellino stava conducendo importanti indagini (già avviate da Boris Giuliano) sul traffico di eroina e sugli omicidi della mafia di Corleone. L’inchiesta sulla sua morte viene affidata a Paolo Borsellino.
7 marzo 1989 - La prima sezione della Cassazione (Carnevale) annulla gli ergastoli contro Giuseppe Madonia, Vincenzo Puccio e Armando Bonanno, già condannati per l'omicidio del capitano dei carabinieri di Monreale Emanuele Basile, ucciso nel 1980.
The 1980s became the "Years of Lead" in Palermo as one judge or law-enforcement officer after another was gunned down or blown to pieces by the Mafia --Cesare Terranova, Rocco Chinnici, Emanuele Basile and Giuseppe Montana, to name just a few.
Il processo si riferisce all'omicidio del capitano dei Carabinieri Emanuele Basile, comandante della Compagnia di Monreale, commesso il 4 maggio 1980 nella stessa cittadina. Per questo delitto furono instaurati a distanza di tempo l'uno dall'altro due processi, uno contro gli esecutori materiali, l'altro (nato da separazione dal maxiprocesso palermitano) contro i mandanti [...] La Corte di assise di appello di Palermo, dopo alcuni rinvii, dispose la riunione dei processi e, con sentenza del 14 febbraio 1992, per quanto qui interessa, condannò alcuni imputati all'ergastolo, tra i quali Michele Greco. Sui ricorsi delle parti, la Corte di cassazione, con sentenza del 14 novembre 1992, annullò la predetta sentenza nei confronti del solo Greco (imputato nel secondo processo e giudicato quindi dalla Corte di assise di appello palermitana in fase di appello e non di rinvio), rinviando il giudizio per nuovo esame alla Corte di assise di appello di Caltanissetta, odierna remittente. Con ordinanza del 24 gennaio 1994, la Corte medesima rimise gli atti alla Corte di cassazione, con richiesta di correzione dell'errore materiale contenuto nella citata sentenza del 14 novembre 1992, relativo alla designazione del giudice di rinvio [...]
[12] (sentenza della Corte D'Appello di Caltanissetta dell'8/1/2003 (irrevocabile il 24/5/2003) relativa all'omicidio di Saetta e del Figlio Stefano)
...a cavallo degli anni ‘80 la strategia dell’organizzazione mafiosa era stata quella di creare un clima di intimidazione diffusa che servisse a scoraggiare significativi interventi repressivi delle Istituzioni. Vengono citati come momenti di questa strategia gli omicidi di Boris Giuliano ( dirigente della squadra Mobile di Palermo ucciso in data 21.7.1979), Emanuele Basile(capitano dei Carabinieri ucciso il 4.5.1980) e Gaetano Costa ( Procuratore della Repubblica di Palermo, ucciso in data 6.8.1980).
A questo disegno strategico accedeva coerentemente l’intervento per condizionare le conseguenziali indagini e, se necessario, l’esito dei processi che ne fossero derivati. Quest’ultima esigenza era divenuta pressante proprio in relazione all’omicidio del Capitano Basile, in occasione del quale si erano verificate situazioni probatorie tali da deludere ogni ragionevole aspettativa di impunità degli autori. Nel rinviare alla motivazione delle sentenze acquisite al dibattimento e senza entrare nel merito della lunga vicenda processuale conclusasi con la sentenza della V Sezione della S.C. in data 14.11.1992 che aveva rigettato i ricorsi ed aveva confermato la condanna all’ergastolo inflitta dalla Corte di assise di Appello di Palermo in data 14.2.1992 a Madonia Giuseppe (esecutore materiale), Madonia Francesco e Riina Salvatore (mandanti) dell’omicidio in esame, la sentenza di primo grado si sofferma su dati richiamati poi nel corso della motivazione.
Ed invero, con sentenza del 23.6.1988, la Corte di Assise di Appello di Palermo, presieduta dal dott. Saetta, aveva condannato all’ergastolo oltre a Madonia Giuseppe, anche Puccio Vincenzo e Bonanno Armando quali coautori materiali dell’omicidio del capitano Basile. Il Puccio veniva ucciso in carcere (Palermo Ucciardone in data 11.5.1989) ed il Bonanno- resosi latitante- sarebbe rimasto vittima della “lupara bianca”.
Osserva a questo punto la sentenza come il capitano Basile si fosse particolarmente distinto per l’impegno investigativo profuso nel perseguire la pericolosa cosca mafiosa di Altofonte che operava nel territorio della Compagnia Carabinieri di Monreale diretta dall’ufficiale e che per i legami con il gruppo cosiddetto corleonese era particolarmente temibile. Ricorda la sentenza che nella giurisdizione di Monreale rientravano i comuni di Altofonte, Piana degli Albanesi e Camporeale, tutti facenti parte del mandamento di S. Giuseppe Jato, rappresentato in seno alla commissione provinciale di “ cosa nostra”da Salamone Antonino, generalmente sostituito da Brusca Bernardo.
La sentenza sintetizza i risultati dell’attività investigativa cui era giunto il Capitano Basile, che lo avevano portato all’incisiva decisione di procedere all’arresto in flagranza ( 6.2.1980) per il delitto di associazione per delinquere dì esponenti delle suddette famiglie, alla denuncia tra gli altri di Leoluca Bagarella, Gioe’ Antonino, Marchese Antonino, Di Carlo Francesco, nonche’ alla formulazione di rilevanti ipotesi investigative sulle attivita’ delle famiglie facenti capo a Salvatore Riina, culminate nel rapporto 16 aprile 1980, ultimo atto prima della morte dell’ufficiale, morte avvenuta alle ore 1,40 del 4 maggio 1980 mentre il Capitano Basile, con in braccio la figlia Barbara, percorreva a piedi la via Pietro Novelli di Monreale insieme alla moglie dopo aver partecipato ad un ricevimento nella sede del Municipio.
Secondo i Giudici di primo grado, l’impegno di “Cosa Nostra” per condizionare l’esito del processo ai tre autori dell’omicidio del capitano Basile nel corrompere o intimidire i componenti dei Collegi giudicanti risulta da concordi dichiarazioni di collaboratori escussi nell’ambito del procedimento per l’omicidio del Giudice Saetta e del figlio Stefano.